Lo scorso week-end, finalmente, sono stato sull'Altopiano di Asigo. La mattina sveglia all'alba, anzi prima, e salgo in montagna a scattare; fa quasi freddo (8 gradi contro i 30 e oltre di Pavia), si vede il fiato e ho un sonno becco. C'è una rugiada incredibile, che mi bagna subito i piedi, accidenti!
In un'oretta di cammino arrivo sulla cengia che volevo raggiungere e mi piazzo ad aspettare. Da questo punto è facile vedere rapaci in volo, soprattutto gheppi, ma si avvistano spesso anche sparvieri, pecchiaioli, poiane e qualche volta arriva a farsi un giro qualche aquila: le montagne attorno pullulano di marmotte.
Inutile dirlo: spero di vedere proprio le aquile, fotografarle poi...
Rimango fermo una mezzoretta e mi sgranocchio un panino con l'uvetta e dei wafer, ottimi. Poi mi viene ancora più sonno e, se non fosse che l'erba è tutta bagnata, mi sdraierei per farmi un sonnellino, sto crollando letteralmente.
Allora mi alzo e gironzolo nelle vicinanze, scopro una coppia di codirossi che ha il nido proprio appena sotto la parete strapiombante e vedo qualche falchetto che si diverte nel vento che soffia dalla vallata sottostante. E' pieno di trincee della grande guerra.
Ritorno dove mi ero seduto prima e aspetto per un'ora abbondante, il tempo pare restare buono, quassù basta un attimo che arrivano le nuvole e ciao, allora posso in buon ordine girare i tacchi e tornare alla macchina. Il panorama è splendido, si vedono Gallio e Asiago e poi la pianura che, nelle giornate più terse, corre sino al mare e a Venezia, che si riesce a scorgere.
Dopo un po' mi alzo di nuovo e mi metto a gironzolare dall'altra parte, dove il versante è ancora più aspro e strapiombante. Mi sporgo nel vuoto per vedere bene la parete sotto e, colpo di fornuta, vedo il pollastro proprio sotto di me, su di un terrazzino a non più di 10 m, lui non mi ha visto. Naturalmente ho lasciato la macchina fotografica dove mi ero seduto, ti pareva... Allora, veloce e silenzioso come un gatto, vado a prenderla e ritorno, non lo vedo più, no, c'è ancora, non si è mosso. Provo ad inquadrarlo, è davvero vicinissimo, mi sta mezzo nella foto, poi gli sono proprio sopra, sulla verticale, che è un bene, perchè così non mi vede, ma in questa posizione non riesco nemmeno a prendegli di sbieco un occhio, posso invece solo fagli un primo piano della capoccia. Penso al da farsi, primo: occhio a non volare di sotto, la posizione è quanto mai esposta; secondo: occhio a non far volare nemmeno macchina e obiettivo; terzo: provo a togliere il moltiplicatore? meglio lasciar perdere, sono troppo scomodo. Allora, scorgo un secondo punto sulla destra dal quale affacciarmi, che mi pare abbastanza disassato per inquadrare meglio il giovane falco. Provo a spostarmi. Effettivamente da qui è molto meglio, andare oltre non si può, ci vogliono letteralmente le ali. Da qui si risce a vedere abbastanza bene l'occhio e si scorge anche qualche artiglio. Inquadro e resto un poco a guardarlo, non si è prorprio insospettito, a tratti guarda la valle, poi succhiude gli occhi e sonnecchia un poco. Sono così vicino, ci scommetto che sente lo scatto della macchina.
Faccio tre foto in serie, mi sente, si gira, mi vede e, come un lampo, spicca il volo; non sembra comunque spaventato più di tanto, infatti gira indietro per vedermi meglio, mi passa vicino e grida. Dal bosco oltre la falesia parte allora uno sparviere che lo attacca, qualche picchiata e i due scopaiono dietro un versante. Saluti!

Dati di scatto: 40D, 500/4 + T.C. 1.4, iso 400, f/7,1, 1/1.250 sec, compensazione esposizione 0, a mano libera